sabato 30 giugno 2007

Lunga e diritta correva la strada, l'auto veloce correva

ITALIA


Clio Napolitano con il marito giovedì alla partenza da Vienna (Ap)

ROMA - Clio Bittoni, moglie del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è stata investita da un'auto mentre stava attraversando a piedi via del Quirinale, all'altezza di Porta Giardini, nella serata di giovedì. «Alle 19:40», come recita il rapporto della Polizia municipale. La signora era appena uscita da un ingresso laterale del Quirinale, quello che si affaccia su via XX Settembre, per una passeggiata. A bordo della Panda che l'ha urtata due persone anziane che non si sono accorte della sua presenza sulle strisce pedonali.

SVIZZERA


GINEVRA - Sono, credo, l'unica persona che si ferma a guardare prima di attraversare sulle strisce tanto è radicato il concetto che le vetture si debbano fermare. E si fermano....

martedì 26 giugno 2007

Bologna Process o tre più due

La riforma che ha investito (e svestito) in questi anni gli atenei italiani viene comunemente detta "tre+due". Simili riforme sono state varate in tutta Europa (Svizzera compresa) ove il nome corrente è "Bologna Process". Dapperttutto tranne che Italia.
Sarà un caso?

sabato 23 giugno 2007

Perdere la fede




E poi si lamentano del calo di fedeli...

giovedì 21 giugno 2007

L'ominide e lo scoiattolo...


Veladoiolasvizzera pubblica un esilarante racconto di Diego Fasano.


Ieri mi trovavo a Bibione (VE) a casa dei miei, ad aspettare, per qualche scatto fotografico, gli scoiattoli che gli fanno visita ogni mattina e ogni sera per papparsi le nespole in giardino e approfittare delle noci che ormai gli vengono quotidianamente elargite in una mangiatoia ricavata da un sottovaso.

Puntuale, alle sette meno un quarto di sera, lungo i pini del viale si avvicina un (il) giovane. Segue il solito percorso tra i rami ma mentre scende lungo un tronco, dall'altra parte della strada compaiono cinque ominidi, tre adulti e due cuccioli, rientranti dalla giornata in spiaggia.

Una delle femmine emette in un idioma locale un verso d'allarme simile a quello codificato degli scimpanzè per l'aquila o per il cobra: "IIIIIIIHHH VARDAVARDAVARDA..." (trad.: fermatevi tutti istantaneamente e osservate con attenzione, vi è non distante da noi, nella direzione che sto indicando, la presenza di un animale sconosciuto, possibile predatore di ominidi).

Prontamente il maschio Alfa, riconoscibile per il prominente addome, si erge a difesa del gruppo e, complice un pollice immeritatamente opponibile, brandisce un salvagente a ciambella, lanciandolo verso il venefico sciuride che, sfiorato di poco, si dilegua con la velocità del lampo senza fare più ritorno.

Il maschio, fiero della dimostrazione impartita ai cuccioli sull'uso della seppur improvvisata zagaglia, rassicura allora il gruppo sull'allontanamento della bestia emettendo un grugnito di soddisfazione: "Lo go ciapà!" (trad.: nonostante l'evidente pericolosità della belva, la ho colpita al primo colpo e messa in fuga e sicuramente morirà non distante a causa delle ferite procuratele dalla letalità dell'istinto del cacciatore-raccoglitore che albergava in me, seppur fin'ora sopito).

Una delle femmine, ancora scioccata gli chiede, allora: "Ma cos' che iera??", E il maschio, profondo conoscitore più che della natura, della capacità rassicuratrice di una ferma risposta sull'animo femminile: "...NA POIANA"!!!


Da rimanere a bocca aperta, senza sapere se ridere fino alle lacrime o... passare direttamente alle lacrime.
Immaginate ora l'Ominide suddetto davanti al coniglio della fotografia

martedì 19 giugno 2007

Ovni



Una delle tante istallazioni viste all'esposizione reagir . In Italia? No, ovviamente.

L'imprevidenza

L'imprevidenza

TITO BOERI
Fra due settimane scade il semestre entro cui undici milioni di italiani possono decidere cosa fare di quel 6,91 per cento del loro salario che viene oggi versato all’azienda presso cui lavorano, come accantonamento per la liquidazione. Non si hanno dati precisi su quanti lavoratori abbiano sin qui comunicato una loro scelta. Ma tutte le rilevazioni disponibili convergono nell’indicare che sono davvero pochi coloro che hanno esercitato questo loro diritto. Tra questi pochi, prevale chi ha optato per tenere il Tfr in azienda, soprattutto nelle imprese più piccole (dove quattro lavoratori su cinque paiono orientati a continuare a versare il Tfr al proprio datore di lavoro).

Chi non decide entro il 30 giugno vedrà il proprio Tfr trasferito a fondi con garanzia del capitale versato, che storicamente hanno offerto rendimenti inferiori al Tfr, e non potrà beneficiare del contributo del datore di lavoro previsto da molti contratti. Chi lo lascia in azienda perde l’occasione di costruirsi una previdenza integrativa con cui rimpinguare le inevitabilmente sempre più magre pensioni pubbliche. Il fatto che ciò stia avvenendo nelle piccole imprese preoccupa perché è lì che oggi trovano un impiego i lavoratori più giovani, quelli che hanno maggiormente bisogno della previdenza integrativa. Quanto costa per loro lasciare il Tfr in azienda? Per le leggi della capitalizzazione composta, anche piccole differenze nei rendimenti dei fondi pensione rispetto al Tfr comportano grandi variazioni nella ricchezza accumulata nell’arco della vita lavorativa. Ad esempio, un fondo che rendesse mediamente anche solo lo 0,4 per cento in più del Tfr, ai salari medi attuali, porterebbe a mettere da parte 20 mila euro in più della liquidazione in 38 anni di lavoro. Considerando i dati storici sul rendimento del Tfr e dei fondi pensione, la differenza diventa abissale: la liquidazione è inferiore ai 90 mila euro contro i 150 mila euro che si potrebbero ottenere affidando i propri soldi a un fondo pensione collettivo. Vero che il Tfr offre un rendimento certo, al contrario dei fondi pensione. Ma mentre i fondi pensione hanno una volatilità ridotta quando il loro rendimento viene valutato nell’arco di decenni, il Tfr lasciato in azienda è solo in parte coperto contro il rischio che l’azienda fallisca, un rischio più forte nelle imprese più piccole e crescente nella durata dell’investimento. Quindi per i giovani lavoratori la scelta di lasciare il Tfr in azienda è costosa e rischiosa al tempo stesso. Perché lo fanno allora? Presumibilmente perché non sono adeguatamente informati, oppure perché è il loro datore di lavoro a ricattarli (più o meno esplicitamente) mentre non c’è un sindacato in azienda in grado di difenderli e di coordinarne le loro scelte. Quando solo alcuni lavoratori in un’azienda decidono di destinare il Tfr ai fondi pensione mentre gli altri lo tengono in azienda, sui primi si concentra il rischio di perdere il lavoro: da quel momento in poi al datore di lavoro costerà meno licenziare i lavoratori che versano il Tfr ai fondi pensione rispetto a quelli che lo hanno lasciato in azienda. Sia la disinformazione che il mancato coordinamento dei lavoratori riflettono evidenti limiti nell’azione del sindacato. La sconfitta è del sindacato prima ancora che dei lavoratori. Si preannuncia così all’orizzonte una grave perdita in conto capitale per i lavoratori e una sconfitta per il sindacato. Ma nessun campanello d’allarme viene lanciato da Cgil, Cisl e Uil. Nelle loro frequenti dichiarazioni e interviste sui giornali e in tv, i leader della triade parlano di tutto, proprio di tutto, tranne che del Tfr e non sono pochi coloro, soprattutto tra le fila della Cgil che, neanche troppo velatamente, gioiscono per il mancato decollo della previdenza integrativa. Del resto, il presidente della Covip dichiara di contare sul silenzio-assenso e tra le fila dello stesso esecutivo vi è chi, come il ministro Paolo Ferrero, auspica proprio che i lavoratori lascino il Tfr in azienda. Il ministero di Ferrero in questi giorni ha maldestramente censurato un rapporto Ocse, ritenuto reo di descrivere uno scenario di forte riduzione della generosità delle pensioni pubbliche troppo ottimistico. Questo significa che Ferrero è consapevole del fatto che i giovani avranno pensioni molto più basse, in rapporto al loro salario, dei loro genitori. Tuttavia assiste con malcelata soddisfazione alla riduzione della ricchezza di milioni di lavoratori pur di contenere lo sviluppo dei mercati finanziari. Eppure i fondi pensione ammessi dalla normativa italiana hanno ben poco a che vedere con le «locuste del private equity» di cui il sindacato, non solo in Italia, ha timore. Questi fondi possono promuovere cicli virtuosi di crescita, anche occupazionale, delle imprese: in Europa le imprese in forte crescita attraggono i fondi pensione e il capitale di rischio fornito dai fondi permette alle imprese di crescere. Inoltre lo sviluppo di investitori istituzionali come i fondi pensione, che per definizione non possono che rappresentare le minoranze, serve a rendere più trasparenti i mercati finanziari, a combattere le scatole cinesi e a impedire che chi ha il controllo delle imprese eserciti questo potere contro gli interessi degli altri azionisti e degli stessi lavoratori. Prima o poi, i lavoratori si renderanno conto di quanto sia costoso per le loro tasche il rifiuto aprioristico, ideologico, dei fondi pensione da parte di chi dovrebbe rappresentare i loro interessi. Ma rischiano di maturare questa consapevolezza molto tardi. Avremo così perso molte occasioni per salvaguardare i redditi dei futuri pensionati e per tutelare gli interessi di molti piccoli azionisti.

sabato 16 giugno 2007

Sometimes


Avevo le mie carte. Le ho giocate. Ho perso.
Capita.

giovedì 14 giugno 2007

Risposte e Domande.

Il caso dell Onorevole Gustavo Selva è finito su tutti i giornali. Qui per esempio.
Dopo l'evento ho scritto una breve ma picca email all'Onorevole e al segretarion del suo partito l'onorevole Gianfranco Fini. Eccola:

Da:
_______@libero.it [mailto:_____@libero.it]
Inviato: dom 10/06/2007 18.28
A: fini_g
Cc: Selva,Gustavo
Oggetto: pessimismo e fastidio: dimissioni "Onorevole" Selva

Onorevole Selva,
Dopo l'indecente e disgustoso episodio di cui lei si è reso autore mi auguro che il segretario del suo partito possa intervenire quanto prima a radiarla, ridando cosi un minimo di fiducia agli italiani.
Distinti Saluti

Ed ecco la riposta dell'Onorevole Gustavo Selva.

Grazie,

anche a coloro che mi augurano che non arrivi l’ambulanza quando “ne avrei veramente bisogno”.

Per la verità ne avevo bisogno anche il giorno in cui ho usato l’autoambulanza che era al servizio soltanto - ripeto soltanto - per casi di necessità di chi si trovava a Palazzo Chigi e nei pressi.

Visto che Lei ha avuto l’amabilità di rivolgersi a me personalmente Le rispondo che sono portatore di 4 bypass, diversi stent coronarici e di un pacemaker e soggetto, quindi, a fibrillazioni cardiache e sbalzi di pressione. Ragione per la quale, dopo aver lungamente e inutilmente aspettato il taxi prenotato da LA7, che non riusciva ad arrivare, gli infermieri mi hanno accomodato nell’autoambulanza e, in attesa del medico, mi sono autoassistito con il Carvasin che porto sempre con me, dando nel contempo – siccome era quasi certo che mi sarei ripreso nel giro di poco tempo – appuntamento al mio cardiologo alla sede de LA7, in via Novaro, dove ero stato invitato come Senatore che adempiva al diritto-dovere di esprimere le sue opinioni in ordine agli eventi che si stavano svolgendo in quel pomeriggio. Non ultimo, e non meno importante, la conferenza stampa di Bush e Prodi alla quale io avevo assistito, unico parlamentare della Casa delle Libertà.

Abuso, o eccesso di assistenza medica e di trasporto, può essere considerato soltanto il tratto che va dall’Ospedale S. Giacomo, dove ero stato trasportato, a via Novaro, percorso dall’autoambulanza, senza l’uso della sirena, in 5 minuti. La Presidenza del Consiglio mi aveva offerto, attraverso il medico, visto che nel frattempo dichiaravo di sentirmi meglio, l’invio di un’auto privata: il che avrebbe comportato un’ulteriore perdita di tempo e un costo a carico dello Stato di qualche euro in più. Per la Sua curiosità aggiungerò che il mio cardiologo non è potuto arrivare, causa il traffico bloccato.

Ecco la ragione supplementare per la quale ho potuto dare atto e ringraziare il servizio medico di avermi assistito nel momento del bisogno e aiutato per il mantenimento dell’impegno con LA7. La parola “trucco di cronista”, da me usata in TV, si riferiva all’appuntamento da me concordato telefonicamente con il cardiologo per liberare subito il servizio pubblico che, di fatto, ho utilizzato complessivamente per una trentina di minuti. Ovviamente, sono pronto a pagare il costo del servizio utilizzato affinché neppure un centesimo vada a carico della collettività.

Spero, visto che i mezzi telematici ce lo consentono in tempo reale, che Lei mi darà consigli e farà critiche, per altri temi, della mia attività politica che, a Dio piacendo, può continuare anche in altri modi, per esempio quelli della comunicazione Tv, Radio, e-mail, come faccio con Lei e con tutti coloro che mi interpellano; i quali, più spesso, approvano le mie idee. Ai miei elettori del Vento dico: ho fatto un errore, quello di dirlo a La7. Ho presentato al Presidente Marini le mie dimissioni da Senatore che saranno esaminate dell’Assemblea. Cosa dovevo fare di più ? Me lo dicano.

Spero che, dopo questa spiegazione dei fatti, Lei riterrà che non merito l’aggettivo “indegno” (di stare in Parlamento) usato dal Ministro Livia Turco, né quello di “bullismo senile”, utilizzato da Alessandra Mussolini che, come forse Lei ricorderà, durante una trasmissione televisiva della RAI di qualche anno fa si sedette, affettuosamente accolta, sulle ginocchia dell’attuale Ministro della Salute.

Grazie ancora e cordiali saluti.

Gustavo Selva

P.S.: Questo stesso identico messaggio è trasmesso contemporaneamente a tutti coloro che hanno capito e approvato il mio comportamento, a coloro che lo hanno criticato aspramente in tutto o in parte e a coloro che hanno aggiunto una sequela di volgari insulti. Da quei cittadini e cittadine che mi hanno coperto di volgari insulti e alcune minacce avrei desiderato più argomenti.

A tutti il mio “grazie” per aver letto la mia risposta.

G.S.



lunedì 11 giugno 2007

Fellatio, adieu



And Now? Is it the end of an era?

domenica 10 giugno 2007

Italia-Svizzera 0:2




Le Imbarazzanti differenze si commentano da sole.

venerdì 8 giugno 2007

Maddie a disparu



Maddie a disparu .
Agée à peine de 3 ans , disparue de sa chambre (Praia da Luz - Algarve -Portugal )
S'il vous plaît, transmettez ces photos au plus grand nombre de personnes de par l'Europe. AIDEZ-NOUS !!! Faites comme si c'était votre soeur, votre fille. S'IL VOUS PLAIT!
Cela nous donnera un espoir en plus si quelqu'un le reconnaît. MERCI

www.findmadeleine.com

www.bringmadeleinehome.com


mercoledì 6 giugno 2007

fucking idiots

Un adolescente, probabilmente annoiato, inizia una corrispondenza epistolare con Erika, la fanciulla di Novi Ligure che ha eliminato la madre, forse troppo oppressiva, ed il fratellino, non ancora in grado di opprimerla ma che, in un futuro prossimo, certamente l’avrebbe oppressa.

Assurge agli allori della cronaca; probabilmente i giornalisti sono stupiti che ancora qualcuno si provi a scrivere… La notizia non sfugge a Bruno Vespa. Nulla di meglio che invitare il giuovine scrittore in televisione. Capita anche questo, purtroppo.

Nulla di male, abbiamo visto di peggio. Sfugge però un piccolo particolare: il ragazzo si vede erogati 25 MILIONI di lire per la sua partecipazione. La stessa somma che lo “stato” eroga per un assegno di ricerca…

Quando si dice essere str...i

domenica 3 giugno 2007

Cultura

Ve la immaginate una cosa del genere in un parco di una qualsiasi metropoli italiana? Intanto dovete immaginarvi il parco....

sabato 2 giugno 2007

Stefano Allievi e la liberta' d’espressione

L'italia non finirà mai di stupirmi, ovviamente in negativo. Mentre Santoro inscena il suo pessimo e costoso teatrino (aiutato in questo dal becerume dilagante a destra) altre notizie ben più importanti e altri fatti passano sotto silenzio.

Stefano Allievi, professore di sociologia, studioso ed esperto di islam, è stato condannato per diffamazione aggravata a mezzo stampa (sei mesi, oltre a una pena pecuniaria di tremila euro) su querela di Adel Smith, controverso esponente islamico, noto per le sue opinioni radicali (notissima la sua polemica contro il crocefisso), in seguito alle opinioni espresse su Smith all’interno del libro Islam italiano (Einaudi). La condanna è tanto più sorprendente se si pensa alla biografia del professor Allievi, che più volte si è speso nel voler garantire libertà di parola e di espressione proprio ai musulmani, alla cui conoscenza e comprensione ha dedicato oltre quindici anni di studi.

Riporto una lettera aperta del Professor Stefano Allievi.


Cari amici e care amiche,

coloro che sanno già della vicenda in cui sono coinvolto, troveranno ulteriori informazioni nel sito http://213.215.194.151/petition_allievi (un link è reperibile anche nella home page del Dipartimento di Sociologia dell’Università di Padova: www.sociologia.unipd.it ) con la possibilità di fare qualcosa di molto concreto per aiutarmi. Coloro che ancora non lo sanno, troveranno nello stesso sito le informazioni del caso. Riporto qui comunque, per comodità, alcune informazioni. Sono stato condannato per diffamazione aggravata a mezzo stampa (sei mesi, oltre a una pena pecuniaria di tremila euro), su querela di Adel Smith. Chi lo conosce, sa già di chi parlo. Chi ancora non lo conosce, è sufficiente che digiti il suo nome e cognome su Google, e troverà le informazioni del caso, nonché prese di posizione molto più dure delle mie, in materia.

Considero questa sentenza come diffamatoria della mia intera attività di studioso, sempre attento a cercare di capire la realtà islamica in Italia e in Europa. Ma essa è anche più grave in termini di principio: vengo condannato per delle opinioni, espresse all'interno di un libro serio, pubblicato da un editore serio, che seriamente cerca di descrivere il mondo islamico italiano, all'interno di una attività di oltre tre lustri dedicata allo stesso tema e con il medesimo impegno. Credo si tratti di un precedente gravissimo proprio sul piano dei principi, che mette in causa la libertà di ricerca accademica e di manifestazione delle proprie opinioni, incluso il diritto di critica, e si configura come un pesante atto di censura, anche preventiva, per coloro che ancora vorranno occuparsi liberamente di questi temi, di cui già oggi è così difficile trattare serenamente. Naturalmente, d'accordo con i miei avvocati e con l'editore, ricorrerò in appello, per una sentenza di cui attendo con ansia di leggere le motivazioni, per conoscere le quali dovrò purtroppo attendere i canonici tempi burocratici. E l'indulto approvato nel frattempo, tra il momento in cui avrei commesso il reato e la decisione del giudice, mi garantirà di non dover fare realmente l'esperienza del carcere. L'essere incensurato, oltre che motivo di onore, è per me oggi una garanzia ulteriore. Ma il precedente, appunto, è grave.

Vari casi, all'attenzione della pubblica opinione in questo periodo, mostrano come sia oggi diventato sempre più difficile fare ricerca e prendere posizione su tematiche religiose. E la fatica è tanto maggiore quando si tratta di islam. Per quel che mi riguarda, da sponda opposta, ho dovuto subire minacce di gruppuscoli di estrema destra solo per aver invitato un noto intellettuale musulmano a parlare nella mia università. E le posizioni mie e di molti colleghi sono oggetto occasionale di malevole e male informate attenzioni giornalistiche, solo perché non cavalcano il senso comune o non sottoscrivono l'opinione interessata di alcuni opinion leaders. Chiedo a tutti voi, se lo condividete, di firmare l'appello che trovate sul sito, e di diffonderlo tra quanti potrebbero essere interessati, in Italia e fuori d'Italia, giacchè il problema si pone anche altrove, in Europa e non solo. Chiedo anche, a chi può, di prendere posizione anche con lettere e dichiarazioni, che saranno pubblicate sul sito. Intanto, non mi resta che ringraziarvi per l'attenzione dedicatami.

venerdì 1 giugno 2007

Nemo propheta in patria



correva l'anno 1992.